"Stare in casa significa poter assaporare il piacere di sapere che fuori c'è un paesaggio meraviglioso e, quando vuoi, apri la porta o la finestra e lo guardi. Deve esserci lo sforzo del gesto.
Il desiderio va centellinato, perché sia più profondo."
Roberto Peregalli, I luoghi e la polvere, 2010
Condominio e appalto: quale responsabilità per l’amministratore? - 19/11/2015
Spesso, quando si tratta di lavori effettuati nel condominio, dai quali siano derivati eventi dannosi a terzi, i conflitti sfociano in cause di risarcimento danni in cui i Giudici sono chiamati a stabilire e a ripartire il grado di responsabilità tra la ditta appaltatrice, l’amministratore, il direttore dei lavori (che può coincidere con l’amministratore stesso) e l’assemblea condominiale che ha autorizzato i lavori e scelto, di norma, la ditta. Quasi sempre, le contestazioni principali che vengono mosse all’amministratore attengono alla sua eventuale responsabilità a titolo di culpa in eligendo e in vigilando.

Come è noto, ai sensi dell’art. 1655 c.c., “l'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.” Attesa, dunque, l'autonomia con cui l’appaltatore svolge la sua attività nell'esecuzione dell'opera o del servizio appaltato, organizzandone i mezzi necessari, curandone le modalità ed obbligandosi a fornire alla controparte l'opera o il servizio cui si era obbligato, è di regola l’imprenditore che risponde dei danni provocati a terzi. Tuttavia, in generale, il committente, prima di affidare un incarico lavorativo, deve accertarsi che la ditta appaltatrice abbia le competenze tecniche e professionali per eseguirlo. (D.Lgs. n. 81/2008, art. 26 co. 1 lett. a)

In pratica, l’amministratore, nella sua qualità di committente dei lavori, sarà responsabile di culpa in eligendo nel caso in cui affidi l’opera ad un’impresa che palesemente difettava delle necessarie capacità tecniche, ovvero in base al generale principio del neminem laedere di cui all'art. 2043 c.c. (cfr. Cass. Civ. sent. 6 agosto 2004, n. 15185; 27 maggio 2011, n. 11757 e 15 novembre 2013, n. 25758). Inoltre, quando l’appaltatore, in base ai patti contrattuali, sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister attuandone specifiche direttive, e venga quindi privato dell’autonomia decisionale e di gestione dell’incarico, sarà il committente a dover rispondere degli eventi dannosi provocati a terzi. In tale contesto, “una responsabilità del committente nei riguardi dei terzi risulta configurabile solo allorquando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall'appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso, tanto che l'appaltatore finisca per agire quale nudus minister privo dell'autonomia che normalmente gli compete” (Cass. Civ. Sent. 23 marzo 1999, n. 2745; 20 aprile 2004, n. 7499; 2 marzo 2005, n. 4361 e 29 marzo 2007, n. 7755).

Nel caso in esame, in realtà, la responsabilità a titolo di culpa in eligendo nei confronti dell’amministratore era stata proposta per la prima volta in Cassazione e non nei precedenti gradi di giudizio. In effetti, osservava la Suprema Corte, era stata prospettata una responsabilità a titolo di culpa in eligendo solo nei confronti del Condominio. Ciò posto, atteso che in tale controversia si era accertato che era stato il Condominio stesso a decidere di affidare i lavori ad una determinata ditta, l’amministratore sarebbe comunque andato esente da responsabilità. Infatti, in tale ipotesi, l'amministratore non aveva avuto alcuna autonomia decisionale né operativa e, in virtù del suo rapporto di mandato, era per legge tenuto a dare esecuzione alla decisioni assunte dai condomini. Pur in assenza di una delibera assembleare, come nel caso di specie, era stato verificato che il Condominio, in presenza di pregresse infiltrazioni, aveva deciso di affidare ad una società, scelta dai condomini stessi, i lavori senza discussione in assemblea e senza esame dei preventivi di altre imprese. Ciò, pertanto, esonerava l’amministratore dalle responsabilità connesse, ad esempio, alla scelta della ditta, di cui non potrà rispondere, né civilmente né penalmente, proprio perché privo di potere decisionale e di autonomia operativa.
Anche in sede penale la giurisprudenza è addivenuta alla medesima conclusione; ha, infatti, osservato che “nel caso di appalto dei lavori deciso e assegnato mediante delibera dell'assemblea condominiale, ai fini della penale responsabilità dell'amministratore occorre verificare, nel singolo caso, l'ambito di autonomia di azione di cui eventualmente disponeva l'amministratore e i poteri decisionali concretamente attribuiti” (Cass. pen. Sez. III, 18/09/2013, n. 42347). Nè, d'altra parte, la sentenza d’Appello impugnata individuava, a carico dell'amministratore, un qualche comportamento in contrasto col principio del neminem laedere come enucleato dalla menzionata giurisprudenza.

Come sopra anticipato, un’altra responsabilità in cui può incorrere l’amministratore di condominio, a seguito di lavori mal effettuati, viene ravvisata nella culpa in vigilando. La Corte d’Appello di Roma, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva ritenuto responsabili in solido sia l’amministratore che il condominio. In particolare, per quanto attiene alla posizione dell’amministratore, la Corte di merito aveva ritenuto sussistente una sua responsabilità per omissione; questi, infatti, che nel caso di specie rivestiva anche il ruolo di direttore dei lavori, aveva evidentemente omesso i necessari controlli. In concreto, secondo quando statuito nella sentenza di secondo grado, l’amministratore aveva l'onere di accertarsi che l'appaltatore avesse adottato le obbligatorie misure di protezione. Inoltre, nella sua qualità di datore di lavoro e direttore dei lavori, aveva conseguentemente assunto il compito di organizzare e dirigere i lavori per conto del condominio stesso, assumendo una posizione di garanzia. Questo principio è stato recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione (Cass. Pen. Sentenza n. 42347/2013), che ha ricordato appunto come "l'amministratore di un condominio assuma la posizione di garanzia propria del datore di lavoro nel caso in cui proceda direttamente all'organizzazione e direzione di lavori da eseguirsi nell'interesse del condominio stesso". La posizione del committente è stata peraltro oggetto di ripetuto esame da parte della giurisprudenza penale di legittimità (in particolare nella materia degli infortuni sul lavoro) che ha espressamente riconosciuto la responsabilità di tale soggetto per l'inosservanza degli specifici obblighi positivi di verifica, informazione, cooperazione (cfr. Cass. Pen. Sez. 4^ n. 37840, 25 settembre 2009; Sez. 3^ n. 1825, 19 gennaio 2009; Sez. 4^ n. 41815, 7 novembre 2008) pur specificando che detta responsabilità non è di automatica applicazione, non potendosi esigere dal committente un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, mentre è necessario verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (così Sez. 4^ n. 3563, sentenza 30 gennaio 2012).

E’ pacifico che il direttore dei lavori, per conto del committente, presta un'opera professionale in esecuzione di un'obbligazione di mezzi e non di risultati ma, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l'impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all'opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente si aspetta di conseguire. Il direttore dei lavori, in sostanza, assume la specifica funzione di tutelare la posizione del committente nei confronti dell'appaltatore, vigilando che l'esecuzione dei lavori abbia luogo in conformità a quanto stabilito nel capitolato di appalto. Conseguentemente non si sottrae a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonchè di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente (in tali sensi, tra le ultime, sentenza 28/11/2001 n. 15124). Il direttore dei lavori, quindi, deve "apprestare i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi" (sentenza 18/4/2002 n. 5632); ha "l'obbligo di vigilanza attiva su tutte le fasi esecutive dell'opera" (sentenza 21.11.2003 n. 2529) e "di segnalare all'appaltatore essendo preposto all'alta sorveglianza sull'esecuzione dell'opera le situazioni anomale e gli inconvenienti che si verificano in corso d'opera" (sentenza citata 5632/2002).

Da questo, tuttavia, la Suprema Corte ha più volte chiarito che non deriva a suo carico né una responsabilità per cattiva esecuzione dei lavori imputabile alla libera iniziativa dell'appaltatore, né, automaticamente, un obbligo continuo di vigilanza, (v. sentenze 20 luglio 2005, n. 15255, e 24 aprile 2008, n. 10728) non avendo egli alcun obbligo della sua continua presenza sul luogo del lavoro ovvero l'obbligo di sorveglianza delle operazioni da svolgersi. Il comportamento del direttore dei lavori deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della "diligentia quam in concreto".

La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, escluso che il potere di controllo sui beni comuni permanga in capo all’amministratore quando l'appaltatore sia posto in condizioni di "esclusivo custode delle cose sulle quali si effettuano i lavori". (Cass. Civ. sent. n. 25251/ 2008). In conclusone, nel caso specifico, la Suprema Corte ha escluso una qualsivoglia responsabilità in capo all’amministratore in assenza di un qualche indice che facesse supporre che l'appaltatore era stato sottoposto dal committente a direttive così stringenti da sottrargli qualsiasi possibilità di autodeterminazione. In conformità alla giurisprudenza in tema di appalto sopra ricordata, deve ribadirsi che l'appaltatore rimane esclusivo responsabile dell'esecuzione dei lavori, nonché dei relativi danni conseguenti a negligenza nell'esecuzione.

Fonte Barbara Vizioli Cassazione Civile, sez. III, sentenza 30/09/2014 n° 20557

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